Le bugie della Russia sulla pace: 30 anni di promesse non mantenute nei negoziati internazionali
La storia moderna della Russia si erge su fondamenta di bugie e promesse di pace mai mantenute. È un lungo elenco di trattati violati, falsi cessate il fuoco e ingannevoli garanzie di “relazioni amichevoli”. Mentre infuria la guerra contro l’Ucraina, la questione dei colloqui di pace rimane complicata per gli osservatori esterni. Quali sarebbero i presupposti per i negoziati? Le garanzie di pace russe fornirebbero una reale sicurezza in Europa? Non abbiamo modo di prevedere il futuro. Tuttavia, la storia recente mostra numerosi esempi di come Mosca gestisce i suoi obblighi internazionali. E, se partiamo dal presupposto che il comportamento passato sia un buon indicatore delle azioni future, disponiamo di solide basi per stendere un’analisi.
Per ogni atto di aggressione militare commesso dalla Russia negli ultimi 30 anni, c’è una corrispondente menzogna russa sui colloqui di pace, sul mantenimento della pace o sui negoziati. L’invasione russa della Georgia ha portato a un cosiddetto “accordo di pace” che ancora oggi minaccia i confini della Georgia stessa. La finta “missione di pace” della Russia in Moldavia ha trasformato un’intera regione del paese in una bolla isolata e senza prospettive. L’accordo di pace promesso da Mosca all’Ichkeria (nota come Cecenia nelle fonti russe) si è concluso con la morte di 50.000-80.000 persone sotto brutali bombardamenti.
L’elenco completo delle terribili conseguenze della “pace russa” potrebbe riempire un intero libro. L’unica cosa che è risultata da tutte queste promesse del Cremlino è una tragedia umanitaria senza stabilità, prosperità o soluzioni definitive a portata di mano. Alcuni dei conflitti “congelati” di Mosca durano da decenni e rappresentano tuttora una minaccia per la sicurezza europea.
In ogni caso, dalla Georgia alla stessa Ucraina, le profferte di pace della Russia si sono rivelate parte di una tecnica di stallo che porta a ulteriori escalation. La storia lascia poco spazio ai dubbi: prendendosi qualche anno per il riarmo e la riorganizzazione, e senza riconoscere alcuna responsabilità per le aggressioni militari del passato, la Russia ha sempre continuato a commettere crimini internazionali.
Le garanzie di pace russe per l’Ucraina
Mentre l’oppressione russa dell’Ucraina dura da molti secoli, la moderna fase della manipolazione politica del Cremlino risale agli anni ’90. Dopo la caduta dell’URSS, tra i due paesi furono firmati numerosi trattati, sia bilaterali che internazionali, col solo risultato di vederli poi violati da parte russa.
Uno degli esempi più discussi al momento è il Memorandum di Budapest del 1994. Notoriamente, questo era un trattato in cui l’Ucraina accettava di rinunciare alle sue armi nucleari in cambio di garanzie di sicurezza da parte di Russia, Stati Uniti e Regno Unito. Nell’ambito dell’accordo, la Russia prometteva di astenersi dall’uso della forza militare o della coercizione economica contro l’Ucraina e di rispettarne i confini e l’integrità territoriale.
Va notato che l’Ucraina avrebbe dato prova del suo impegno a lungo termine per il disarmo e la pace globale. Oltre a smantellare il suo considerevole arsenale nucleare, Kiev avrebbe in seguito collaborato con gli Stati Uniti per dismettere i suoi 44 bombardieri strategici a lungo raggio e i suoi 1068 missili da crociera, in grado di colpire a una distanza massima di 2500 chilometri. Al momento è oramai chiaro che la Russia non soltanto ha violato le promesse del Memorandum di Budapest, ma ha anche fatto tutto il contrario di quanto compiuto dall’Ucraina, riarmandosi e preparandosi alla guerra.
Gli anni seguenti hanno visto numerose promesse e impegni esplicitamente utilizzati dalla Russia per mascherare le proprie ambizioni imperialistiche mediante una patina di buone intenzioni. Sia nel Memorandum di Budapest che nel Trattato di amicizia e cooperazione tra Russia e Ucraina, Mosca riaffermava il riconoscimento dei confini e della sovranità dell’Ucraina. Si sarebbe poi palesato che le promesse del Cremlino non valevano nemmeno il pezzo di carta su cui erano scritte.
Le ulteriori promesse e manipolazioni di Mosca sono state ancora peggiori, poiché hanno direttamente causato la perdita di vite umane ucraine. Subito dopo l’occupazione illegale della Crimea, la Russia compì l’occupazione militare delle regioni di Donetsk e Luhansk. Gli ucraini combatterono fieramente per difendere la loro terra ma alla fine decisero di aderire agli accordi di Minsk, che si sarebbero svolti con la mediazione dei partner occidentali per allontanare la guerra. La Russia avrebbe sottoscritto tali documenti senza mai onorarli.
Le violazioni degli accordi e dei cessate il fuoco legati all’aggressione militare russa del 2014 nell’Ucraina orientale hanno causato migliaia di morti tra gli ucraini. Uno degli esempi più noti è la battaglia per Illovaysk. Nell’agosto del 2014, la parte russa promise un passaggio sicuro e un cessate il fuoco ai difensori ucraini che si trovavano accerchiati nella città. Immediatamente dopo che gli ucraini uscirono fuori l’artiglieria e i carri armati russi aprirono il fuoco, uccidendo 366 soldati.
Non più tardi del 2015, le truppe russe avevano violato gli accordi di Minsk già più di 4000 volte. Ciò venne osservato dal Ministero della Difesa ucraino durante una riunione del Consiglio interparlamentare Ucraina-NATO. Gli ucraini venivano bombardati tanto dai territori temporaneamente occupati quanto da parte russa, oltre il confine.
Sia il primo che il secondo accordo di Minsk non andarono in porto perché la Russia mentì sfacciatamente sull’accettazione delle condizioni tese a una de-escalation per poi violarle con il fuoco dell’artiglieria e le incursioni armate. Mentre le forze ucraine si ritiravano, rispettando le zone di cessate il fuoco, i russi facevano l’esatto opposto insistendo con le aggressioni e i bombardamenti. Le numerose violazioni degli accordi di Minsk da parte russa sono state confermate dall’OSCE e dall’UE oltra che da giornalisti e osservatori. Gli esempi includono elezioni locali, illegali e falsificate, l’occupazione, sempre illegale, di 1696 chilometri quadrati di territorio oltre la linea del cessate il fuoco e l’assalto e l’occupazione della città di Debaltseve, solo due giorni dopo la firma del primo trattato.
Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, l’invasione russa delle regioni di Donetsk e Luhansk precedente il 2022 ha causato la morte di 7800 ucraini (tra cui più di 3400 civili). I feriti sono stati decine di migliaia. Gli accordi di Minsk sono stati utilizzati dalla Russia per ingannare la comunità globale mentre portava avanti la sua guerra omicida contro l’Ucraina in aperto disprezzo del diritto internazionale e della più semplice morale umana.
Nonostante ciò, durante questo stesso periodo, l’Ucraina ha condotto circa 200 cicli di negoziati con la Russia e ha tentato per 20 volte di stabilire dei cessate il fuoco che sono stati prontamente violati da parte russa. Tutti questi tentativi sono andati in frantumi quando la Russia ha lanciato la sua invasione su larga scala dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022.
Georgia, Moldavia e Regione del Caucaso
Oltre alla sua assodata tradizione di utilizzare i negoziati internazionali per coprire le aggressioni militari, la Russia fa largamente uso di “missioni di pace” tese a mascherare il vero intento delle sue forze di occupazione. Ciò è particolarmente evidente nella recente storia della Moldavia, della Georgia e della regione del Caucaso. La Moldavia ha dovuto subire l’occupazione russa di una sua regione, la Transnistria, dal 1992, nonché la disinformazione e il ricatto politico di Mosca. Il tutto con il pretesto di “mantenere la pace”. La regione della Transnistria è riconosciuta come parte della Moldavia da ogni singolo stato membro delle Nazioni Unite, Russia compresa. Tuttavia ciò non impedisce al Cremlino di mantenere nella regione un contingente di occupazione di 1500 soldati, una base militare e una considerevole scorta di munizioni.
La Georgia ha dovuto fare i conti con una minaccia militare simile da parte russa nelle sue regioni dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Sulla carta, fino al 2008, la Russia riconosceva l’integrità territoriale della Georgia. Il confine russo-georgiano era stato definito nel 1993 e comprendeva l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. In realtà, la Russia ha alimentato un conflitto regionale intestino fornendo armi a queste due parti della Georgia. Le sue “forze di pace”, di stanza nell’area, sarebbero state successivamente utilizzate come truppe d’invasione. Nel 1999 si tenne in Turchia il sesto vertice dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Al vertice, la Russia si impegnò a ritirare le sue truppe dalla Moldavia e dalla Georgia entro dicembre 2002. I capi di stato di tutti i paesi partecipanti firmarono il documento corrispondente. Ma tale ritiro non è mai avvenuto. Diversi anni più tardi questa specifica menzogna sul contenimento dei conflitti avrebbe funto da precedente per una nuova invasione russa.
“Lo Stato Maggiore Generale delle Forze Armate preparò il piano di azione militare contro la Georgia alla fine del 2006, e io lo autorizzai nel 2007,” Vladimir Putin, Presidente della Russia.
Nell’agosto del 2008 il Cremlino diede inizio a una guerra contro la Georgia. L’aviazione russa bombardò le città georgiane e le truppe di Mosca occuparono i territori del paese. La guerra, breve ma brutale, provocò 224 vittime civili e oltre 190.000 rifugiati. Human Rights Watch ha osservato che la Russia prese di mira i civili in fuga e le aree residenziali. Tutto ciò avvenne dopo le ingannevoli promesse della Russia all’OSCE. L’invasione venne definita come un’ “operazione di pace” per la “protezione delle minoranze di lingua russa”. Nel cessate il fuoco del 2008, negoziato con l’aiuto dei leader occidentali, la Russia aveva promesso di ritirare le sue truppe nelle posizioni prebelliche e di consentire l’accesso per la consegna di aiuti umanitari. Tale promessa, come evidenziato dal Dipartimento di Stato americano nel 2023, Mosca non l’ha mai mantenuta.
Nonostante gli impegni internazionali per un ritiro, le forze di occupazione russe in Moldavia e Georgia si trovano in quei paesi da quasi 30 anni.
Ci si può fidare della Russia nei negoziati di pace?
La storia dimostra che prendere per oro colato le promesse di pace della Russia è una scelta estremamente rischiosa. Storicamente, tali decisioni hanno inevitabilmente portato alla catastrofe e a ulteriori spargimenti di sangue poiché il vero problema, l’aggressiva politica imperialista della Russia, non è mai stato risolto. Il fatto di prendersi veramente le proprie responsabilità non è mai stato messo in conto. Il destino della Cecenia mette in mostra uno degli scenari più evidenti della tattica politica russa: chiedere la pace, ristabilire la propria forza militare e tornare una seconda volta all’attacco in maniera decisiva. Nella loro prima guerra i ceceni combatterono la Russia riuscendo quasi a sconfiggerla ma poi credettero alle garanzie di sicurezza di Mosca. In due anni, la capitale cecena venne cancellata e la Cecenia fu completamente soggiogata dal Cremlino.
Ciò evidenzia un fatto riprovevole: le promesse e i trattati non sono strumenti sufficienti per garantire che la Russia interrompa la sua aggressione armata in Europa. A differenza della maggior parte dei governi, i quali firmano accordi internazionali in buona fede, il Cremlino vede le sue promesse semplicemente come strumenti da utilizzare e cestinare per ottenere guadagni territoriali o politici. Per una classe dirigente che affonda le sue radici nei metodi del KGB e nell’oppressione governativa, i trattati sono semplicemente un comodo travestimento per le azioni militari, la coercizione economica e la guerra ibrida.
Dal 1992 al 2023, “curare” i meri sintomi dell’aggressione russa ha portato a risultati sempre peggiori. Ogni manovra politica e militare di Mosca è stata più sanguinosa della precedente. Il percorso dalla Cecenia alla Moldavia, dalla Georgia alla Siria e così via è culminato nella guerra più terribile mai scoppiata in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale. In questo preciso momento la Russia non ha motivo di cambiare una tattica che l’ha condotta al “successo” per oltre 30 anni. Se questa tendenza storica dovesse continuare, è probabile che cercare di arginare l’aggressione russa porterebbe in seguito a una crisi geopolitica ancora peggiore in Europa, nella quale la guerra in Ucraina sarebbe stata solo l’inizio.
Qual è allora il percorso verso una vera stabilità in Europa e la fine della guerra in Ucraina? La risposta sta nell’imparare le lezioni insegnateci della storia recente. Non affrontare i veri problemi, quelli delle azioni illegali della Russia, ha sempre portato a un’ulteriore escalation.
Finora, l’unico percorso realistico verso una definitiva risoluzione del conflitto è costituito dalla formula di pace in dieci punti del presidente Zelenskyj. Si tratta dell’unica proposta che presenti una visione chiara della sicurezza europea (e globale) di fronte all’aggressione militare della Russia. I punti chiave della Formula di Pace includono:
- ripristino del l’integrità territoriale dell’Ucraina in conformità con la Carta delle Nazioni Unite,
- ritiro completo delle truppe russe,
- giustizia per i crimini di guerra,
- tutela dell’ambiente di fronte all’ecocidio russo,
- una strategia per la sicurezza alimentare, energetica e nucleare,
- prevenzione di un’escalation militare,
- conclusione, chiara e assodata, delle ostilità.
Nessun trattato o accordo di pace che ignori questi punti chiave potrà mai garantire una pace duratura. Le sole promesse russe non potranno mai essere sufficienti a prevenire un conflitto europeo o globale, soprattutto considerando la storia della costante violazione di tali promesse da parte di Mosca. Di conseguenza, gli sforzi per attuare la Formula di Pace dell’Ucraina sono già in corso, con sempre più paesi che aderiscono all’iniziativa (83 stati secondo l’ultimo conteggio durante il Forum Economico Mondiale). Il piano del presidente Zelenskyj per l’istituzione di un vertice globale per la pace è il prossimo passo logico in questa direzione e sembra, allo stesso modo, essere l’unico piano d’azione pragmatico e veramente rispettoso della giustizia proposto finora.