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La società dovrà adattarsi: l’opinione degli psicologi sulla riabilitazione di chi ha perso un arto in guerra

La guerra provoca sempre un trauma alla società che ne è vittima. Intere nazioni sperimentano un cordoglio comune qualora siano vittime di attacchi da parte di altri stati, atti terroristici o disastri naturali. Gli psicologi chiamano tali sintomi trauma collettivo e tale trauma è condiviso da tutti coloro che siano stati toccati da eventi tragici.

In tali circostanze -quando in un paese intere città vengono distrutte, milioni di cittadini perdono le loro case a causa dell’occupazione o degli attacchi missilistici e migliaia subiscono ferite che in seguito portano ad amputazioni e a una vita in condizioni di disabilità- la società è costretta ad adattarsi a condizioni di vita completamente nuove.

Secondo il Wall Street Journal (il quale si rifà alle valutazioni del più grande produttore mondiale di protesi, l’azienda tedesca Ottobock), al 1 agosto 2023, nel corso di quasi un anno e mezzo di invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, erano circa 50.000 coloro che avevano perso un arto. In tali casi, il processo di riabilitazione non si limita alle protesi e alla fisioterapia. I pazienti hanno bisogno anche di supporto psicologico per abituarsi a un nuovo stile di vita.

In Ucraina sono già in corso iniziative che incoraggiano a cercare supporto psicologico e offrono opportunità per riceverlo. Nel 2022, su iniziativa della First Lady Olena Zelenska, sono stati lanciati il Programma nazionale per la salute mentale e il sostegno psicosociale e il Programma panucraino per la salute mentale (“Stai bene?”). Molte ONG ucraine e fondazioni di beneficenza sostengono il cambiamento fornendo consulenza psicologica gratuita a chi sia stato traumatizzato dalla guerra.

In particolare, nel 2024, il bilancio statale dell’Ucraina stanzia 4,5 miliardi di UAH (circa 114,3 milioni di dollari) per fornire ai cittadini mezzi ausiliari per la riabilitazione. Ciò ha permesso di produrre gratuitamente protesi in Ucraina per coloro che siano stati colpiti dalla guerra. Numerose sono le iniziative e i centri di riabilitazione che aiutano chi ha perso gli arti. Ad esempio, si possono annoverare il Centro per la riabilitazione Unbroken, il Superhumans Center e il Without Limits Center.

È essenziale che la società si adatti alle nuove condizioni e impari a comunicare con le persone pesantemente colpite dalla guerra.

In questo articolo abbiamo raccolto le raccomandazioni di Yehor Lordek, uno psicologo praticante specializzato nel fornire assistenza psicologica ai militari e civili ucraini che hanno subito amputazioni e ferite gravi a causa della guerra, e di Volodymyr Lykhach, uno psicologo praticante presso il Superhumans Center, specializzato nelle varie fasi del processo di riabilitazione e nell’assistenza psicologica tesa al ripristino della funzionalità di coloro che siano stati colpiti dalla guerra e nella loro integrazione nella società successiva al trauma.

Yehor Iordek
Volodymyr Lykhach

La complessità della riabilitazione

All’inizio della guerra, le principali cause di amputazione erano le ferite riportate durante gli attacchi con artiglieria e razzi. Adesso molti vengono feriti in battaglia, dalle mine depositate lungo la linea del fronte o lasciate dai militari russi nelle città e nei piccoli centri abitati soggetti ad occupazione temporanea.

Secondo Antonina Kumka, presidente dell’iniziativa Protez Hub, in Ucraina ci sono circa 80 fornitori di protesi. Uno di questi è il Superhumans Center, fondato da Andrii Stavnitser, un centro panucraino per le protesi, la chirurgia ricostruttiva, la riabilitazione e il sostegno psicologico a chi sia stato colpito dalla guerra.

La maggior parte dei centri protesici lavora sia coi militari che coi civili che siano rimasti feriti.

Il soldato ucraino Petro Buryak, ferito nelle battaglie per la regione di Kherson, in riabilitazione a Lviv. Settembre 2023.
Foto: Superhumans Center

In caso di amputazioni, le protesi rappresentano solo la prima fase della riabilitazione. Il ripristino della funzionalità fisica deve essere accompagnato anche da un supporto psicologico. Secondo Volodymyr Lykhach, la riabilitazione può essere considerata completa quando siano state soddisfatte le seguenti tre condizioni:

  • Il soggetto deve guadagnare denaro o impegnarsi in qualche attività retribuita;
  • Il soggetto deve inoltre avere una vita sociale e familiare;
  • Il soggetto deve reintegrarsi in una società che non lo rifiuti.

Ad esempio, nella vita reale l’ultimo punto corrisponde a un luogo di residenza su misura che soddisfi le esigenze di chi abbia subito un’amputazione. Tale residenza dovrà disporre di un corridoio più largo, rampe e corrimano. In tali condizioni, l’individuo in questione sarà in grado di raggiungere almeno una parziale indipendenza e di soddisfare da solo i propri bisogni primari.

Spesso, in questi casi, è necessario coinvolgere la comunità locale per riattrezzare l’appartamento o la casa privata della vittima di amputazione.

Volodymyr evidenzia inoltre i possibili fattori aggravanti. “Una delle mie pazienti è di Soledar (una città nella regione ucraina di Donetsk nella quale, dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala, ci sono state feroci battaglie; attualmente nella città non rimane in piedi un solo edificio – ndr). La paziente ha perso la sua casa e, già prima dell’incidente, non disponeva di appoggi a cui ricorrere. Si tratta di un caso difficile perché il problema fisico può essere risolto, ma ce n’è ancora uno psicosociale: dove e come vivere.”

L’adattamento alle nuove condizioni su scala nazionale

Solo dopo la vittoria sarà possibile stimare appieno la portata del trauma provocato dalla guerra. Tuttavia, è già chiaro che il paese dovrà adattarsi a molti cambiamenti nella sua vita quotidiana: rampe, bagni modificati nei ristoranti e nei centri commerciali e molto altro.

Il sistema sanitario ucraino ha già iniziato ad adattarsi alle nuove sfide. Ad esempio, i medici di base possono seguire una formazione che consentirà loro di diagnosticare determinati disturbi mentali.

“Si stanno facendo passi avanti in termini di ospedali e riabilitazione. In ogni gruppo ospedaliero stanno essendo allestiti dei centri per la salute mentale. Siamo già in fase di sviluppo ed è importante. Inoltre, molte fondazioni di beneficenza forniscono assistenza psicologica. Adesso sono molte di più le persone che si rendono conto dell’importanza di tutto ciò”, afferma Volodymyr Lykhach.

Secondo gli psicologi, la comunicazione e qualsiasi tipo di interazione con i sopravvissuti a un trauma dovrebbero includere tre componenti:

  • un approccio consapevole al trauma, in cui le persone devono capire come il trauma influenza il comportamento, quale tipo di stress comporta e quali ne sono le caratteristiche;
  • un approccio inclusivo e senza barriere, che includa la parità di accesso a tutti i servizi, nonché l’assenza di restrizioni spaziali;
  • l’ingresso nel contratto sociale, ovverosia l’accettazione dell’individuo soggetto ad amputazione da parte della società.

“‘ ‘Tu hai combattuto e noi ti accettiamo e ti apprezziamo.’ È così che prende forma questo contratto sociale. A a causa della guerra, nella società ucraina le persone soggette ad amputazione stanno diventando  una nuova norma”, dice Volodymyr Lykhach.

Tuttavia, ciò non significa che ogni cittadino debba seguire una formazione specifica per sapersi rapportare in maniera adeguata con coloro che siano stati colpiti dalla guerra poiché, a livello base, tutto ciò non differisce dalla comunicazione ordinaria:

  • È necessario rispettare la privacy dell’altra persona;
  • non porre domande scomode sull’altrui trauma o esperienza se questi non vuole mettertene a parte;
  • non toccare l’altra persona senza il suo permesso;
  • non insistere per aiutare se ciò non viene esplicitamente richiesto.

“Devi anche stare attento e capire che, se non riesci a gestire lo stress emotivo derivante dalla presenza di tali persone, è meglio che te ne stia in disparte. Dovresti anche stare attento a come usi le mani. Se la persona è in sedia a rotelle, avvicinarsi da un lato o da dietro mettendo la mano sulla spalla produce un effetto orribile. Non toccare e non essere invadente, non creare ulteriore pressione emotiva: tutto ciò può solo peggiorare le cose”, spiega Yehor Lordek.

Gli psicologi forniscono inoltre semplici consigli su come tenere a freno gli impulsi emotivi quando si comunichi con soldati che hanno perso gli arti.

Ci sono due reazioni comuni di fronte ai soldati gravemente feriti o a chi abbia subito  amputazioni: c’è chi tende a evitare o, al contrario, chi inizia a piangere e a sentirsi dispiaciuto per il soldato.

“Sono due estremi in cui la vittima non c’entra nulla. Si tratta al contrario delle reazioni emotive di un’altra persona”, ci dice Volodymyr Lykhach.

In tali situazioni, gli psicologi consigliano una soluzione abbastanza semplice: fermati, conta mentalmente fino a 5 in modo da comprendere se sei pronto per una avere a che fare con la persona in questione senza provocargli reazioni spiacevoli.

Un altro ostacolo alla piena integrazione dei militari nella società è l’idealizzazione eroica.

La conseguenza di un tale atteggiamento è che i militari subiranno ancora più pressione da parte di una società in cui dovranno costantemente essere all’altezza di un’immagine “eroica”, mentre ognuno di loro è semplicemente una persona, con le proprie preoccupazioni, abitudini e opinioni sulla vita, spiegano gli psicologi.

Volodymyr Lykhach sottolinea che spesso dietro ad ogni atto eroico c’è qualcos’altro, oppure il prezzo pagato è stato troppo alto. Non tutti i militari sono pronti a parlarne in pubblico o nella vita di ogni giorno.

“Uno dei miei pazienti è stato insignito di diverse decorazioni, una delle quali ricevuta pubblicamente durante una cerimonia dal presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy. Ma non ha voluto parlarne e si è rifiutato di indossare le medaglie perché associa ognuna di esse ad un suo commilitone. Tutti lo applaudono e lo ringraziano, ma lui è triste.”

“Si dice che ‘gli eroi non muoiono’. Ma invece sì, e la tristezza è tutta qui,” riassume lo psicologo.

Ci vuole tempo e premura

Quando il mondo a cui una persona è abituata va in frantumi e questi deve vivere in condizioni nuove e sconosciute, gli ci vuole molto tempo per adattarsi completamente. Tuttavia, le persone vicine possono svolgere un ruolo significativo nell’accelerare la riabilitazione di chi abbia subito ferite o amputazione e la società può contribuire a renderla l’intero processo più facile.

Il primo passo per i parenti e gli amici intimi di chi ha difeso il proprio paese consiste nel vedere e accettare il nuovo corpo della persona e prendere atto che tutto questo è normale e non rende la persona inferiore. Yehor Lordek sottolinea che è fondamentale mostrare al veterano che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, poco importa quale sia l’entità della ferita: amputazione, cicatrici sul viso, ustioni, ecc. Bisogna iniziare mostrando gratitudine per il fatto che la persona cara è ancora viva ed è tornata a casa.

La protesi bionica di un soldato con la dicitura “Marinaio” installata presso l’Unbroken Center.
Foto: Unbroken Ukraine

“Vediamo sempre più ragazzi e ragazze portare delle protesi. Sfortunatamente, in futuro il loro numero è destinato ad aumentare. E perdere il proprio aspetto precedente è sempre una perdita che richiede molto tempo per essere superata. Non ci si abitua in un mese. Si continua a cercare la seconda pantofola, a volersi appoggiare sull’arto amputato. Stiamo parlando di un lungo processo di adattamento, di gestione della perdita ed è quindi necessario comunicare con queste persone come con chi abbia subito una perdita“, dice Yehor Lordek.

Anche la famiglia e gli amici intimi di una persona che abbia subito ferite o amputazioni hanno bisogno di una formazione psicologica per comprendere le peculiarità della comunicazione e non far loro del male con le proprie azioni.

Quando i soldati fanno ritorno dal campo di battaglia con ferite psicologiche o fisiche, è la società ad essere responsabile della loro successiva integrazione. L’essere pronti ad accettare e ammortizzare tutte le emozioni e i pensieri che si portano dietro fa parte di un implicito contratto sociale. Fra questi ci sono aggressività, senso di ingiustizia, impulsività, dipendenze, una visione del mondo completamente nuova, un esacerbato senso di inferiorità o, al contrario, il sentirsi dei prescelti.

Altrettanto essenziale per la comunità è comprendere i meccanismi del disturbo da stress post-traumatico e delle esperienze impegnative in generale.

“Faccio sempre l’esempio di un lungo viaggio. Quando guidi a lungo ti fanno male gli occhi, ma devi continuare comunque. Dopo 10 ore, scendi dall’auto e ti siedi a casa tua, e cosa vedi in davanti a te? La strada. Sei già a casa, ma ti sembra di essere ancora in viaggio. C’è una vibrazione nel tuo corpo da qualche parte, un ronzio nella tua testa. Ora immagina che una persona sia stata in guerra per 2 o 4 anni anni. Quando tornerà a casa, cosa vedrà davanti ai suoi occhi? La guerra.

Cosa facciamo quando incontriamo ospiti provenienti da molto lontano? Soddisfiamo i loro bisogni primari: una doccia, un letto fresco e pulito, pace e tranquillità, cibo e acqua. Si tratta di necessità quotidiane fondamentali. E sono cose delle quali i militari hanno dovuto fare spesso a meno per tutto il tempo in cui sono stati nelle zone di guerra”, spiega Lordek.


Gli psicologi spiegano che, nonostante i sintomi frequenti e prevedibili dell’amputazione, non si deve dare per scontato che tutti abbiano bisogno dello stesso approccio. Ogni caso è unico e, pertanto, richiede un’interazione unica.

Poiché in Ucraina il numero di persone che convivono con l’amputazione degli arti sta crescendo a causa dell’aggressione militare della Russia, è essenziale che la società si adatti alle delle nuove condizioni, lavori per fornire un ambiente privo di barriere e impari a comunicare con chi sia stato gravemente colpito dalla guerra.