
Assassini della mente: come la Russia cerca di distruggere la cultura ucraina

Questo è un guest post di Anastasiia Marushevska, consulente ucraina in comunicazione e contenuti, scrittrice, relatrice ed ex direttrice delle comunicazioni presso Reface.
Nel corso della storia ci sono stati molti esempi di dittature, terroristi e criminali di guerra che hanno attaccano siti del patrimonio culturale nel tentativo di conquistare più rapidamente le società e cancellare le loro identità culturali. Ad esempio, la deliberata pulizia etnica e distruzione di biblioteche e musei durante la guerra in Bosnia; i talebani che distruggevano i manufatti del patrimonio buddista dell’Afghanistan; l’Isis che attaccava i principali siti e monumenti religiosi in Siria e Iraq. Ognuno di questi è stato un’operazione per cancellare un patrimonio culturale unico e demolire ogni segno di multiculturalismo.
“In molti casi, coloro che feticizzano oggetti sacri o luoghi sacri sono proprio quelli che mostrano l’indifferenza più depravata per la vita umana”.
Christoforo Hitchens
Le forze russe in Ucraina stanno attualmente attuando una tattica simile: distruggono musei e teatri chiamandoli “basi militari di Azov”. Questo non è nulla di nuovo: in Ucraina abbiamo assistito sia ad attacchi barbari e caotici al patrimonio culturale, sia a una deliberata pulizia socio-culturale. Per secoli, i nostri intellettuali sono stati perseguitati, i nostri luoghistorici sono stati attaccati e distrutti dai vari governi russi. Non si può parlare di fratellanza tra Ucraina e Russia, dal momento che noi ucraini abbiamo continuamente lottato per far risorgere la nostra cultura dalle rovine delle invasioni e delle persecuzioni russe.

I was born in the central part of Ukraine in September 1991, a month after we gained Sono nata nell’Ucraina centrale nel settembre del 1991, un mese dopo che quest’ultima aveva ottenuto l’indipendenza. Tutta la mia famiglia parlava ucraino; non sono mai passata al russo, tranne nei casi in cui non c’era altro modo per comunicare. Non parlavo russo non per odio, ma perché la lingua e la cultura russa non sono mai state native per me.
Sono cresciuta in un ambiente in cui la cosa che contava di più era l’istruzione. Ho iniziato a leggere quando avevo tre anni, all’età di nove anni sono passata da una scuola pubblica a quella che chiamiamo ginnasio, una scuola speciale (ma comunque gratuita) nella quale ci si aspettava che eccellessi. E ho eccelso. Le materie principali erano lingua e letteratura ucraina, storia, letteratura internazionale, inglese e tedesco. Avevamo anche un corso separato chiamato “letteratura della diaspora ucraina” che ci ha aiutato a capire il fenomeno di esilio dell’élite ucraina quando quest’ultima descriveva gli orrori del governo sovietico.

Ho imparato che l’esilio non era lo scenario peggiore. Peggiori furono le esecuzioni di massa di scrittori, artisti, compositori, così come i loro suicidi per scampare a tutto questo. Uno dei più importanti scrittori modernisti degli anni ’20 e ’30, Mykola Khvylovy, si suicidò nel maggio del 1933, prima che i comunisti potessero giustiziarlo. Fu uno dei fondatori e leader del VAPLITE, un’organizzazione letteraria che fu tra le prime del periodo rinascimentale della cultura ucraina negli anni ’20. L’idea principale del VAPLITE era popolarizzare una tradizione letteraria ucraina, allontanandola dall’influenza russa e facendole acquisire l’approccio europeo alla cultura e alla filosofia.
“Dobbiamo concentrarci sulla mentalità europea, perché è questa che condurrà la nostra giovane arte su un grande e gioioso cammino verso la meta mondiale”.
Mykola Khvylovyy
Quando cammini per il centro di Kiev, appena più avanti piazza Maidan, in via Institutska, puoi vedere il bellissimo Palazzo d’Ottobre. Nell’Ucraina odierna andiamo lì per ascoltare musica internazionale e nostrana, ma durante il regime repressivo di Stalin, dozzine di figure culturali ucraine furono torturate e uccise i quei sotterranei. I primi sono stati i colleghi di Khvylovy di VAPLITE, seguiti da altri scrittori, artisti, filosofi, traduttori, musicisti e interpreti ucraini. I loro nomi mi passano per la testa ogni volta che mi trovo vicino a quel Palazzo: Hryhorii Kosynka, Mykhailo Semenko, Mykola Ivasyuk, Mike Johansen, Ivan e Taras Krushelnytsky. Dovevano essere i nostri Kafka, Camus e Hemingway. I nostri Dalis, Picasso e Pollock. Ma tutto ciò che resta di loro è un breve periodo di rinascita della cultura ucraina, le loro lettere e le loro fondamentali idee, con le quali sono cresciuta.
Alcuni anni fa, io e i miei amici andammo ad una mostra eccezionale al Museo Nazionale Ucraino. Era dedicato ai compositori e agli artisti ucraini degli anni ’60, che erano dissidenti – chiamati shistdesyatnyky in ucraino (facevano parte dell’opposizione al regime totalitario sovietico). Passeggiando per i vecchi corridoi dai soffitti alti, abbiamo potuto ammirare le affascinanti opere di artisti ucraini dimenticati mentre ascoltavamo la musica di quel periodo. Ogni nuova sala del museo era dedicata a un tema unico. In una stanza si poteva ascoltare della musica registrata in una cucina, udendo anche voci di persone in sottofondo. In un altra, c’era una piccola orchestra che suonava vari arrangiamenti, molti dei quali sono stati suonati in Ucraina per la prima volta dopo decenni. Nonostante i dissidenti non abbiano avuto l’opportunità di unirsi e creare una vera controversia culturale, il tema dei loro lavori era in linea con le principali tendenze mondiali.

La maggior parte dei dissidenti è sopravvissuta nascondendo le proprie opere o fuggendo dall’Unione Sovietica. Alcuni di loro erano in continua lotta con il regime. Il poeta Vasyl Stus era uno di questi dissidenti. Morì in una prigione russa nel 1985, non vivendo abbastanza da sapere di essere stato nominato per il Premio Nobel per la letteratura. Stus è da diversi decenni ormai un simbolo della resistenza e della forza di volontà ucraine.
“Questo dolore… l’alcol dell’agonia, queso dolore, cristallino e rigido. Prova a riscrivere tutte le tue maledizioni, prova a riscrivere la tua pena”.
Vasil Stus
Il lavoro di questi dissidenti ucraini continua nell’Ucraina indipendente. Scrittori, musicisti e artisti di spicco si stanno unendo alla scena culturale mondiale, ma con i continui attacchi dalla Russia è difficile resistere.
L’invasione russa della Crimea e del Donbas è stata seguita dal tentativo di demolire l’identità culturale ucraina in quelle regioni. La storia più famosa riguarda Izolyatsiia, ex centro d’arte e fondo culturale, trasformato in prigione dopo l’invasione. Gli ucraini venivano torturati e uccisi nelle sue mura sin dall’occupazione russa.

“Assassini del pensiero” è un termine coniato in un saggio di Christopher Hitchens, in cui descriveva la guerra culturale iniziata quando l’ayatollah iraniano Khomeini ha emesso una fatwa sul romanziere Salman Rushdie. Questo fenomeno continua. Dopo l’invasione russa su vasta scala in Ucraina lo scorso febbraio, le produzioni cinematografiche ucraine, l’editoria di libri, le mostre d’arte, i concerti, i concorsi, i premi, le sovvenzioni culturali e il sostegno finanziario sono stati per lo più sospesi. Avremo bisogno di anni, se non decenni, per riavviare il nostro motore culturale. Eppure sento ancora il mondo feticizzare la cultura russa invece di parlare di quella che è effettivamente minacciata.
Ho passato tutta la mia vita a costruire un’identità nazionale e culturale indistruttibile. Insieme ad altri ucraini, combattiamo contro i metodi barbari della Federazione Russa che usano le armi distruttive della guerra nel tentativo di distruggere le nostre case e la nostra identità. Stiamo salvando i nostri musei e opere d’arte ucraini sotto i bombardamenti russi. Piangiamo per i teatri in rovina e gli edifici storici. Non metteremo mai in dubbio se la nostra cultura ha diritto di esistere, ma in qualche modo sembra che il mondo continui a chiederselo.
La guerra con la Russia non è iniziata nel 2022, non è nemmeno iniziata nel 2014. L’Ucraina combatte da secoli con questi assassini del nostro pensiero. Assassini che non hanno mai cercato di demolire il loro obbiettivo e che non lo faranno mai.